Ospedale psichiatrico San Lazzaro di Reggio Emilia


Sede: Reggio nell'Emilia
Date di esistenza: 1821 - 1996
Condizione giuridica: pubblico

Nella prima metà del sec. XIX, in un periodo di riforma e trasformazione della pubblica assistenza che elaborava nuovi procedimenti di gestione e controllo del fenomeno «devianza», il duca Francesco IV d'Este emanò una serie di decreti tesi a riformare l'assistenza sanitaria. Nel 1821 il San Lazzaro, in origine (sec. XII) luogo destinato ad accogliere i lebbrosi, ma già a partire dalla prima metà del XVI riservato anche a «invalidi, decrepiti, storpi, epilettici, sordomuti, ciechi, paralitici» e dal sec. XVIII ai soli «poveri mentecatti», si trasformò in «Stabilimento Generale delle Case de' Pazzi degli Stati Estensi». La direzione fu affidata a Antonio Galloni (1821-1855) che fu incaricato di redigere un progetto di ristrutturazione e riorganizzazione complessive del San Lazzaro. Con il nuovo regolamento organico venne messa in atto una rigida selettività nei procedimenti di ammissione: solo i pazzi curabili «e quelli specialmente la cui pazzia riesca più incomoda e dannosa alla società»; nuove norme regolarono rigidamente l'assunzione del personale; attraverso il sistema delle dozzine si garantì in parte l'autofinanziamento dell'istituto; l'edificio si ampliò per adattarsi alle nuove esigenze del trattamento medico. Si venne così delineando un complesso meccanismo di cui il medico-direttore costituiva l'architrave: «Il direttore è il centro d'autorità all'interno dell'ospedale, non si saprebbe fare niente senza di lui; è lui solo che fa le assegnazioni dei malati alle diverse sezioni, che ordina i medicinali, le compagnie, le occupazioni, i lavori, le diete; assegna le ricompense, le pene ed i mezzi di coercizione». Se tale funzione da un lato esercitò un influsso benefico sulla vita dei ricoverati, grazie all'abolizione dell'uso indiscriminato di detti mezzi di contenzione e di coercizione, alla «umanizzazione» delle condizioni di vita dei malati (attraverso il miglioramento dell'organizzazione materiale degli ambienti di vita e delle strutture architettoniche) ed alla applicazione dei principi del «trattamento morale» (che ricorre anche a villeggiature, visite a teatro, ad una libertà di movimenti insospettata, all'edificazione religiosa, all'attività fisica) che facevano del San Lazzaro «non più oscuro carcere» bensì «provvido ospizio, ove la scienza caritatevole offriva ricovero, sollievo, salvezza», dall'altro mirò alla rieducazione ed alla normalizzazione dei comportamenti, ottenuti essenzialmente grazie al lavoro, alla disciplina, all'esempio, al gioco delle ricompense e delle punizioni, all'addestramento «all'ordine ed all'obbedienza». Per usare le parole dello stesso Galloni, si trattava di assoggettare «tutti gli alienati ad un governo e ad una disciplina domestica generale». Nel 1855 al termine della sua direzione i ricoverati dai 21 iniziali erano diventati 233, con «grande aumento dei degenti cronici istituzionalizzati». Con la direzione successiva, affidata al medico-direttore Luigi Biagi, iniziò un periodo di decadenza del rigore clinico, dell'efficacia terapeutica, delle condizioni complessive di vita dell'istituto che, nel 1859, assunse la denominazione di «Frenocomio di San Lazzaro» e divenne «stabilimento generale per l'Emilia». Le polemiche sviluppatesi nel mondo psichiatrico italiano sulle «miserevoli condizioni» dell'istituto esplosero nel 1870 provocando le dimissioni di Biagi che fu sostituito alla direzione da Ignazio Zani fino al 1873. Questo fu un periodo caratterizzato da diverse trasformazioni architettoniche e strutturali, ulteriormente sviluppate dal successivo direttore Carlo Livi (1873-1877), con il quale vennero trasformati ed allargati sia i fabbricati destinati ai ricoverati sia i servizi generali e ulteriormente sviluppate le attività della colonia agricola fondata nel 1872. Il San Lazzaro funzionava secondo un modello di vita ordinata, economicamente efficiente ed autosufficiente: crebbero beni prodotti, il numero dei fabbricati e la popolazione rinchiusa; nel 1877 i ricoverati erano 599. Per fronteggiare il progressivo e impressionante aumento del numero dei pazzi si assiste al graduale tentativo compiuto nel San Lazzaro di adeguare le strutture e i meccanismi del sapere e della pratica psichiatrici: vennero così avviati nell'istituto l'insegnamento e la ricerca di clinica psichiatrica in collaborazione con l'Università di Modena (dal 1874); vennero ampliati i laboratori scientifici, a cui si aggiunse un laboratorio di istologia; furono istituiti un laboratorio di psicologia sperimentale, un gabinetto elettroterapico, un laboratorio per le analisi chimiche annesso alla farmacia; vennero creati dei musei (di anticaglie, craniologico ed anatomico); venne in generale sviluppata l'attività di ricerca e di sperimentazione animale. Venne infine fondata, nel 1875, la «Rivista Sperimentale di Freniatria e Medicina Legale delle Alienazioni Mentali», per oltre un secolo destinata ad essere il principale organo scientifico della psichiatria italiana. Con la direzione di Augusto Tamburini (1877-1907) venne a compimento la progressiva maturazione scientifica dell'istituto: furono promosse nuove procedure d'internamento, l'estensione e l'approfondimento delle pratiche terapeutiche (si incrementò l'ergoterapia, si avviarono corsi di canto e di disegno), nuove modalità di assistenza (l'istituzione della Società di assistenza per malati dimessi o convalescenti; i patronati etero e omo-familiari per l'affidamento dei malati ai privati), si avviò una scuola professionale per infermieri e sorveglianti. L'opera di Tamburini e dei suoi collaboratori, destinati a diventare tra i più importanti psichiatri italiani dell'epoca (E. Tanzi, E. Morselli, G. C. Ferrari, F. De Sarlo, S. De Sanctis, G. Vassale; ed inoltre E. Riva, G. Guicciardi, P. Petrazzani, G. Buccola, A. Donaggio, ecc.), si iscrive nel contesto internazionale di una serie di trasformazioni teoriche e cliniche destinate a provocare l'abbandono dei paradigmi dell'alienistica classica, e a diventare «clinica delle malattie mentali»; a fianco delle ricerche cliniche si manifestano nuove urgenze in connessione con le trasformazioni che investirono la società italiana, le cui contraddizioni si riflettevano nella crescita esponenziale della popolazione ricoverata e nella formazione di una vera e propria «patologia sociale» a cui seguì il progressivo isterilirsi della pratica clinico-terapeutica nell'istituto, l'emarginazione della ricerca, un mutamento di funzione e di funzionamento delle istituzioni manicomiali, chiamate sempre più a svolgere un ruolo repressivo ed emarginante, di difesa della società dai pericoli che albergavano al suo interno. La psichiatria si avviò a diventare una «scienza sociale», destinata a formare la base di una «funzione di Stato», evidenziando sempre più uno stretto intreccio tra pratica medico-psichiatrica e vicenda politica e sociale del nuovo stato unitario, tesa ad ottenere da un lato la razionalizzazione delle strutture sanitarie, e dall'altro l'elaborazione di codici teorici in cui sempre più frequentemente si assisteva all'identificazione di malattia, crimine e devianza. La legge di riforma «sui manicomi e gli alienati» del 1904 si era incaricata di sanzionare tale funzione pubblica della psichiatria, ridefinendo completamente le tecniche e le politiche di assistenza psichiatrica, ed istituendo inoltre una connessione sempre più difficile da sciogliere tra malattia mentale e pericolosità sociale. Di tali mutate funzioni testimonia la crescita progressiva delle presenze al San Lazzaro: 932 nel 1900, 1428 nel 1921, 1848 nel 1925, 2123 nel 1938, per arrivare ai 2150 ricoverati nel 1959.
Il trasferimento a Roma di Tamburini nel 1907 coincise con la cessazione, nel 1908, dell'insegnamento della Clinica Psichiatrica e Neurologica presso il San Lazzaro (che nel 1924 diventò «Istituto Psichiatrico San Lazzaro»). Durante la direzione di G. Guicciardi (1907-1928) esploso il primo conflitto mondiale, all'interno dell'istituto venne organizzato un centro che accolse alcune migliaia di militari che manifestavano disturbi mentali, e ne vennero ricoverati complessivamente 5704.
Il 15 giugno 1921, dopo un iter organizzativo durato due anni, fu aperta, all’interno del San Lazzaro, la “Colonia-scuola Antonio Marro”, istituto medico-pedagogico, organizzato sul modello di quello realizzato a Bertalia (Bologna) nel 1904 e chiuso nel 1917, secondo i dettami della “pedagogia speciale” che allora si stava affermando. Al momento dell’apertura vennero trasferiti in un edificio apposito 17 minori già ricoverati; a luglio i bambini erano già 21, a giugno del 1922 arrivarono a 41 e nel 1931 a 115; provenivano da Modena e Reggio, ma anche dalle provincie di Parma e Piacenza.
A partire dal 1922, al San Lazzaro si insediò una nuova Commissione amministrativa in cui un ruolo egemone era svolto da esponenti del partito fascista. Durante questi anni vennero edificati nuovi reparti, sviluppando il manicomio secondo il modello di una comunità separata, ordinata secondo precise regole, organizzata secondo rigorose partizioni (benestanti - poveri; tranquilli - agitati; puliti - sudici; cronici - curabili, ecc...), uno spazio che in virtù della sua stessa organizzazione, e grazie al perfezionamento dei meccanismi di custodia, controllo e sorveglianza dei ricoverati, si configurava se non come spazio terapeutico, perlomeno come luogo di contenimento e riduzione della pericolosità, e di possibile rieducazione (attraverso le pratiche igienistiche, il lavoro, l'isolamento e, laddove necessario, la coercizione).
Nel 1936 l’esercito espropriò il terreno su cui era stata costruita la Colonia Marro, per farvi un campo di volo: venne quindi costruito un nuovo edificio (il padiglione “De Sanctis”), progettato in base alle esigenze didattiche, e nel 1946 venne così ribattezzata “Colonia-scuola Giuseppe Guicciardi”.
Nel 1944, intanto, il San Lazzaro era stato sottoposto a bombardamenti ripetuti che provocarono un centinaio di morti e decine di feriti, nonché la distruzione o il danneggiamento di numerosi reparti, rendendo necessario il trasferimento dei pazienti in numerose località della provincia. Solo nel giugno dell'anno successivo riprese il servizio di ammissione, ed il numero dei ricoverati ricominciò ad aumentare secondo una progressione crescente a partire dal 1953-1954. È questa l'epoca in cui prima Virginio Porta (1953-1956) e poi Antonio Mazza (1956-1964) assunsero la direzione, e proprio allora cominciò ad essere introdotta anche al San Lazzaro la psicochirurgia e ad essere avviata la sperimentazione degli psicofarmaci. Nel 1953 Pasquale Marconi, Commissario prefettizio del San Lazzaro, promosse una profonda riforma della Colonia-Scuola Marro: constatato infatti che i bambini ricoverati erano considerati a tutti gli effetti come internati in ospedale psichiatrico, ne propose la trasformazione in un reparto aperto, non soggetto alle disposizioni della legge sui manicomi. Il Marro venne così reso autonomo dal San Lazzaro e divenne la Scuola-Convitto Sante De Sanctis, per frenastenici educabili, annessa all’Istituto psichiatrico. Dal 1970, mentre il San Lazzaro proseguiva nel progetto di ampliamento e rifacimento della scuola convitto, la Provincia iniziò a promuovere strutture alternative sul territorio per favorire la dimissione dei minori ricoverati; così a partire dal 1971, quando era quasi terminato il nuovo edificio e risultavano ricoverati 167 bambini, nel giro di pochi anni, molti bambini vengono trasferiti in scuole esterne ed iniziò il processo di deistituzionalizzazione del De Sanctis; nel novembre 1974 (quando i minori ricoverati erano ormai solamente 27) anche la Commissione amministrativa del San Lazzaro prese atto della mutata situazione e deliberò la chiusura della struttura, realizzata nel 1975.
Dal 1969, intanto, sotto la direzione di Piero Benassi (che la assunse nel 1964), in anni in cui si avviava l'apertura delle istituzioni psichiatriche e si diffondevano nuove esperienze e nuovi paradigmi e modelli concettuali all'interno del sapere clinico, si assistette alla progressiva diminuzione degli ammessi e all'aumento dei dimessi che passarono da 2400 a circa un migliaio nel giro di pochi anni. Parallelamente dal 1967 era entrato in funzione il Servizio Psichiatrico Provinciale ed il Centro di Igiene Mentale, che funzionavano del tutto separatamente rispetto al San Lazzaro, e non senza contrasti; la loro riunificazione avvenne solo nel 1980 anno in cui, dopo la promulgazione della legge 180 del 1978, furono abbattute le mura di cinta del San Lazzaro. Cessati i ricoveri la struttura chiuse definitivamente nel 1996, terminato l'accompagnamento dei pazienti presso le famiglie o strutture esterne.



ultimo aggiornamento
12 ottobre 2021