Ospedale neuropsichiatrico provinciale Collemaggio di L'Aquila


Sede: L'Aquila
Date di esistenza: 1915 - 1975
Condizione giuridica: pubblico

Altre denominazioni
Ospedale provinciale psichiatrico
Manicomio provinciale
Ospedale provinciale neuropsichiatrico
Ospedale provinciale specializzato neuropsichiatrico
Ente ospedaliero Santa Maria di Collemaggio

Dopo l'Unità d'Italia, gli alienati della provincia dell'Aquila venivano inviati dall'Amministrazione provinciale, a proprie spese, presso il Regio Manicomio di Aversa, in Campania. Il sovraffollamento di quell'istituto, presso cui confluivano i malati provenienti da quasi tutto il territorio dell'ex Regno delle Due Sicilie, rese necessario il loro trasferimento nel 1884 presso il nosocomio di Teramo, dove, già nel 1891, si registravano 150 malati aquilani.
Intanto, l'opinione pubblica richiedeva ulteriori miglioramenti nell'assistenza degli alienati, molti dei quali venivano sottratti dalle famiglie alle cure e all'affidamento presso gli istituti idonei, per la naturale riluttanza ad inviare troppo lontano i propri cari. Fu così che nel 1896 il presidente dell'Amministrazione provinciale, opponendosi alla proposta di Aversa per la creazione di un Consorzio finalizzato all'ampliamento del suo manicomio, che permettesse l'accoglienza anche dei malati aquilani, dispose il trasferimento da Teramo a L'Aquila di un primo gruppo di 26 malati, che furono ricoverati in una Sezione dell'Ospizio di mendicità. Fu proprio questo primo nucleo a costituire in embrione quello che venti anni dopo venne chiamato Manicomio provinciale. L'iniziativa ebbe come effetto immediato una rinnovata fiducia da parte dei familiari dei malati, così che solo dopo un anno, nel 1897, i ricoverati salirono a 296. Alla fine dell'800, si rese pertanto necessaria la costruzione di un primo padiglione per l'ospitalità di un numero sempre crescente di alienati, divenuto però in breve tempo anch'esso insufficiente, tanto da dover ricoverare i malati nel cosiddetto Palazzo delle Esposizioni, opportunamente adattato, di proprietà comunale. Sempre alla fine del secolo venne nominato il primo direttore del Manicomio, il prof. Beniamino Vespa.
La necessità di porre fine ad una situazione di assistenza ai malati disorganica e improvvisata, creando un sistema ospedaliero psichiatrico completo, fu la spinta che portò l'Amministrazione provinciale a decidere nel 1902 di studiare la realizzazione di un moderno manicomio. Il progetto prevedeva sia la costruzione degli edifici che dell'attrezzatura e dell'arredamento, con la realizzazione di un istituto capace di accogliere 600 ricoverati. I lavori incominciarono nel 1904, quando i pazienti assistiti dall'Amministrazione erano già saliti a 391: di questi però solo 204 potettero essere ospitati all'Aquila nei locali di fortuna che si avevano a disposizione.
Nello stesso anno, alla morte del prof. Vespa, venne nominato nuovo direttore Gaetano Bellisari, che diresse l'Ospedale negli anni in cui molto lentamente si realizzava il progetto manicomiale, attraverso difficoltà finanziarie e incomprensioni di ogni genere. Furono subito realizzati i primi tre padiglioni mentre nel 1909 venne approvato il regolamento organico del Manicomio, con la relativa pianta organica del personale. Alla fine del 1911 erano stati completati sei padiglioni e costruiti l'edificio dei servizi generali, quello dei bagni e della disinfezione, la lavanderia, la torre dei serbatoi dell'acqua e gli edifici della colonia agricola. Infine nel 1915 si inaugurò la nuova sede che comprendeva 6 reparti di degenza, distinti in edifici separati, la sede della Direzione con i laboratori, la biblioteca e gli uffici, i fabbricati adibiti alle cucine generali e alla lavanderia, ed infine i padiglioni per la colonia agricola, il tutto su una superficie di 20 ettari. Gli anni successivi videro il realizzarsi di numerosi interventi, con l'allestimento di nuovi reparti.
Gli anni della guerra e del periodo postbellico interruppero il progredire del nosocomio aquilano, ma sotto la direzione del prof. Marino Benvenuti l'Istituto riuscì a gestire quelli che erano i problemi più assillanti del tempo, evitando l'abbandono dell'Ospedale, anche quando sembrava inevitabile per il possibile sfollamento della città. Anzi, con il contributo del personale e dei malati, vennero approntati numerosi rifugi dentro e fuori i padiglioni: fu addirittura scavata una galleria tipo miniera, sostenuta da armature di tronchi d'albero, poi ricoperta di terra per diversi metri di spessore, dotata di viveri, stufe e medicinali, dove avrebbero potuto trovare rifugio centinaia di ricoverati anche nel malaugurato caso che la comunità ospedaliera dovesse abbandonare i padiglioni. Grazie a queste precauzioni, l'elevato indice di mortalità, registrato negli altri istituti della regione in quel periodo, fu assai contenuto nell'Ospedale di Collemaggio.
Negli anni del dopoguerra il manicomio riprese la sua crescita, con il rinnovo delle strutture di supporto (lavanderia, cucine generali, centrali termiche) e la realizzazione di numerosi altri reparti di tipo diagnostico, terapeutico, assistenziale, ergoterapico e ludoterapico.
Con la legge 180/1978, che impose la chiusura dei manicomi e la realizzazione di strutture alternative, inizia il lento processo di de-ospedalizzazione dei malati ed il conseguente svuotamento del nosocomio aquilano.



ultimo aggiornamento
26 novembre 2021