Imola. Immagini per non dimenticare. 1996-2016: la chiusura del manicomio vent’anni dopo
La mostra consiste in 42 pannelli: 36 grandi fotografie e 6 testi descrittivi che inquadrano le vicende e il clima di quegli anni. Le foto, oltre a ricordare momenti importanti del processo di chiusura del manicomio (convegni, laboratori, mostre, feste come Il sale e gli alberi, durante la quale si sparse sale nei reparti perché non "crescessero più luoghi di esclusione"), cercano attraverso i volti, gli sguardi e le azioni degli ex-degenti di cogliere la loro umanità e la loro dignità di persone non più segregate, temute e private dei diritti fondamentali di cittadinanza.
Le foto sono il frutto di una paziente ricerca che ha coinvolto, oltre all'ASL e al Dipartimento di salute mentale di Imola, numerosi archivi privati, oltre a enti e associazioni come E pas e temp, Ca del Vento, La Cicoria. Gli autori delle foto sono sia professionisti che degenti, operatori, familiari o semplici cittadini.
Valter Galavotti
E pas e temp saluta la chiusura degli ospedali psichiatrici!
1974. Vent’anni prima della chiusura i muri che circondano i vari reparti dell’Osservanza vengono abbattuti: un piccolo ma significativo passo verso la liberazione ( foto Olimpia)
Ca’ del Vento, nata nel 1990, è la prima residenza sul territorio autogestita da ex pazienti, familiari e cittadini con l’obiettivo di restituire autonomia e dignità alle persone affette da disturbi psichici. Autonomia che si conquista anche imparan
L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro (presupposto indispensabile all’inclusione sociale). Questo principio vale anche per le degenti dell’ospedale psichiatrico che riverniciano vecchie panchine.
Le attività espressive, oltre ad esprimere sentimenti ed emozioni, possono rivelare qualcosa che è radicato, spesso nascosto e "indicibile", nel profondo di una persona.
Il 6.12.1996 si svolge il convegno "La pratica dei diritti nella società senza manicomi: il ruolo dell’ente locale". Al tavolo il sindaco Raffaello De Brasi, il responsabile del DSM Ernesto Venturini e Alessandro Reggiani, direttore generale ASL Imola.
Dicembre 1996. La mostra “Esperienze della saggezza” propone al reparto 10 dell’Osservanza una delle opere più ammirate: la sfera di Luigi Mainolfi. (foto Isolapress)
1997. Durante la festa viene arato un prato dell’Osservanza e vengono piantati alberi da frutto, uno per ciascuna delle 19 case aperte per ospitare i degenti dimessi, come segno di speranza nella vita che può ricominciare.
Ju De Andrade, Carlo Lucarelli e i Tamburi del Rione verde con la performance collettiva "Il fragore, il drago e il ponte" raccontano l’incredibile storia di un grande cambiamento: il superamento del manicomio.
Carlo Lucarelli legge, su un piccolo ponte di legno che rappresenta il passaggio ad una nuova cultura della salute mentale, un breve testo composto per l’occasione: "Ci sono muri così".
Presso il centro sociale dell’Osservanza vengono "liberati" verso il cielo palloncini colorati con i nomi dei 700 ricoverati prima del progetto Valerio e messaggi degli ex-degenti con le loro storie e pensieri.
L’ex reparto 8 dell’Osservanza ospita "Vita da pazzi", la mostra documentaria sulla vita in manicomio e sulle esperienze di superamento degli ospedali psichiatrici dieci anni dopo la chiusura. La mostra è allestita dal grande scenografo Gino Pellegri
Ex reparto 8 dell’Ospedale psichiatrico Osservanza. Ferruccio Giacanelli, padre della psichiatria bolognese, guida i visitatori alla mostra "Vita da pazzi. Imola 2006 ". Giacanelli è stato uno dei sostenitori e fautori della 180 e ha chiuso l’OP di P
Alcune porte dell’Osservanza, perduta la funzione originaria, diventano supporto su cui il degente-artista Giuseppe Tradii esprime la sua straordinaria creatività.
"Vita da pazzi, Imola 2006". I bellissimi apostoli del geniale pittore ravennate Luigi Annibale Bergamini ricoverato nell’ospedale psichiatrico di Imola dal 1948 al 1975. (foto Malagutti)
Con l’aiuto e l’impegno di tutti (psichiatri, operatori, politici, utenti, familiari, cittadini…) anche chi vive una condizione più o meno grave di sofferenza mentale può tornare a sorridere.